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per scrivere a Luigi : luigibettineschi@interclubclusone.it


A Stella per la tessera C.N.69 e il carinissimo biglietto allegato.

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…Per esempio, mi ricordo una volta, me ne sono volato in Scozia con la Scandella Family. Una due giorni di Fuoco fra “Pub” sull’oceano, bed & breakfast, il castello nel cuore d’Edimburgo, il Celtic nel pome a Glasgow. La paura dell’aereo, il navigatore satellitare e tutte le rotonde da prendere al contrario. E’ stato il weeek-end dopo la notte dei razzi su Dida (colpito e affondato) e la seconda eliminazione in champions col Bilan. C’eravamo allontanati dall’Italia per scaricare un po’ di tossine e per fuggire dai rompicoglioni. La domenica si giocava un inutile Inter-Cagliari. Ma nn esiste una partita dell’Inter che sia inutile: in ogni partita può succedere qualcosa. Qualsiasi cosa. Per questo, nonostante lo sconforto, avevamo predisposto il ritorno per quell’Inter-Cagliari. Ricordo lo sbarco ad Orio e le corse per beccare il pulman al volo a Bg. Poi per dirne una nn ricordo nemmeno se quella partita l’abbiamo vinta. Il caso clinico sopra esposto, uno fra migliaia di migliaia, prova che l’Inter è una malattia. La più bella malattia. Che fa soffrire e star bene al tempo stesso. Certe volte sorge per contagio (una mamma, un fratello, un amico, una fidanzata), altre per cotta improvvisa (per i colori o per un campione). Una maledizioncina benedetta, una felicità che come tale nn può essere perfetta, sennò che felicità è?. Ma questa nn è l’unica patologia nerazzurra. C’è né un’altra ad essa legata: la mattìa interista. Questo “nn-si-sa-che” che ha portato i ricercatori ad arrovellarsi per decenni sul mistero dell’Inter squadra matta. Capace d’epiche glorie e di tonfi rovinosi in eguale misura. Gli scienziati, con la testa fra le mani, presero atto che una forma di cura proprio nn si trovava. Ma si sbagliavano, perché alla fine nn è una malattia, è un incantesimo. Chissà se solo i pazzi tifano nerazzurro, come obbligati da un codice genetico. O se, più realisticamente, si tratti appunto di un bell’incantesimo, una magia. La stessa che ammanta gli occhi quando vedono le strisce verticali nerazzurre con il verde del prato sullo sfondo. Così eccoci incantati. Un po’ fregati, perché le noie nerazzurre sono infinite. Casini, polemiche, spogliatoi, errori difensivi, sorteggi, arbitraggi scandalosi, opinionisti antinteristi. Ma in realtà nn ci si cambierebbe mai con nessun altro. Siamo fieri del nostro blasone, della persecuzione arbitrale, di nn avere una televisione o un giornale, d’essere tifosi di calcio che vanno allo stadio a vedere l’Inter di persona e danno meno importanza al moviolone e più alla sensazione del campo, al respiro vero dei campioni. Siamo interisti, nati un po’ per soffrire, un po’ per ridere e anche per gioire. Siamo in buona compagnia e ci divertiamo anche quando brontoliamo. Nn abbiamo luci di Marsiglia che c’illuminano la storia e nn abbiamo coppe sventolate al cielo in notti di tragedia. Quindi come sempre fieri di essere fra quelli che troverete, come dice il Trap, domenicalmente sugli spalti. E che con la testa sono lì anche lunedilmente, martedilmente… Nn fosse che nel nostro calcio mezzo campionato si gioca a porte chiuse o parzialmente aperte, che il Catania dovrà esibirsi in campo neutro e senza pubblico, che Inter e Bilan ancora nn sanno esattamente quanti spettatori avranno in Champions League, che nn abbiamo stadi all’altezza per ospitare gli Europei del 2012 si potrebbe anche sorridere.

Il primo Week-end del dopo Catania è filato via abbastanza liscio. Con gli applausi che hanno sovrastato i fischi e il tifo “Buono” che ha avuto il sopravvento su quello “Cattivo” come ha riconosciuto anche il giudice sportivo. Giudice che ha letteralmente graziato le Tifoserie di Toro e Roma per i fischi e i cori durante il minuto di silenzio. Fischi e cori tributati all’INTERNO di due degli stadi più a norma secondo i parametri del Viminale. Giudice che poi ha appioppato mille euro di multa all’Inter per intemperanze (????????) dei propri sostenitori all’ESTERNO dello stadio. Questo giudice è veramente un fenomeno di funambolismo a diecimila metri d’altezza. "Facciamola finita, venite tutti avanti, nuovi protagonisti, politici rampanti. Venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un arte. Tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme ci vogliono giganti. Coraggio ipocriti, buttate giù le carte, tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto assurdo bel paese”.

La cosa che mi da più fastidio è che adesso che hanno impiantato due tornelli e fatto un decreto sembra che tutto sia tornato alla normalità. Tutti buoni, tutti soddisfatti. Quest’atteggiamento dà corpo ad una specie d’ecumenismo del pallone. Un buonismo del tirar calci ad una sfera. E il buonismo, si sa, è una brutta malattia. Sta alla bontà così come la polmonite sta ai polmoni. Un conto è desiderare di praticare la virtù dell’amore, e sforzarsi di viverla ogni giorno nei confronti del prossimo. Un altro paio di maniche è annegare nella melassa dei buoni sentimenti, trasformare i rapporti umani in un’insopportabile fiera dell’ipocrisia in cui tutti fingono d’avere sentimenti che nemmeno si sognano di provare. Questa terribile malattia si è abbattuta anche sul mondo del calcio. Intendiamoci: nn è che si debba gettare benzina sul fuoco e fornire comodi alibi ai delinquenti. Nel calcio, e dunque nel tifo, valgono le stesse regole e gli stessi principi della vita di tutti i giorni. Ognuno ha il dovere di mantenere atteggiamenti civili e educati, e di portare rispetto ad ogni persona. In questo senso la violenza e la volgarità degli stadi è, come ho gia scritto, da condannare. Detto questo, però, è pur vero che le rivalità fra le tifoserie, l’antico dissidio tra due società blasonate, e perfino il tifo-contro, sono elementi essenziali del calcio. Ne costituiscono, per così dire, il sale. Bisogna avere il coraggio di ammettere questi sentimenti di spietata rivalità. L’importante è tenerli ben distinti dall’odio. Ma il sugo d’essere interisti è, appunto che esistono gobbi e Bilan, e che puoi sperare che ogni volta tutto gli vada male. Sapendo bene che sia sull’altra sponda dei navigli sia a Torino fanno esattamente la stessa cosa. Loro poi lo hanno fatto fraudolentemente e adesso marciscono una in B e l’altra a meno trenta.

Vista la settimana e dato che sembra che il sentimento faccia da traid-union a questo commento nn posso sorvolare sulla festa di S. Valentino. Quanti avranno scritto una lettera d’amore in questa festa? Pochissimi, se si pensa al vecchio foglio di carta fitto di pensieri, da spedire per posta. Milioni, se si intendono gli sms, i messaggini che rappresentano oggi lo sfogo più usato dai cuori più giovani. Oggi l’amore si dice col cellulare e la passione diventa frettolosa, riduce le parole a sigle, i sentimenti a formulette misteriose. Tra le giovani generazioni, l’amore è più che mai vivo, praticato, inseguito, sofferto. Ma nn si trovano le parole per dirlo. Povero amore ridotto a sigle, dopo millenni di epistolari bollenti, poesie ispirate, serenate, canzoni strappacuore. Servirebbe il cadetto di Guascogna Cyrano de Bergerac che suggeriva all’incapace Cristiano le parole giuste per conquistare la bella Rossana. Ormai le lettere viaggiano come mail elettroniche, pronte per essere cestinate, impersonali, senza luogo, senza materia, senza memoria. Perdendosi. Riesco ad immaginare pochissimi giovani intenti a scrivere una lettera. Ma so di sicuro che quei pochi coltiveranno l’animo più nobile. Saranno i migliori di sguardo e i migliori di gesto. Se le nuove generazioni rinnegano carta e penna per quel convulso digitare sui tasti, la speranza che la parola scritta nn muoia resta affidata ai trenta-quarentenni. Scrivono dell’amore ricambiato, invocato, illuso, tradito, sognato come certezza del futuro o lamentato come rimpianto del passato trovando tante sfumature nella sua verità. Prevale, si capisce, l’amore tra un uomo e una donna, il più ovvio e il più vertiginoso tra i moti del cuore. Ma ci sono anche i sentimenti per i figli, per le persone che sono scomparse, per la solidità di un’amicizia nata sui banchi di scuola, per una memoria che ha segnato la vita, per un ideale di fede, per un impegno di solidarietà, per un luogo, una casa che hanno reso più leggeri i giorni e le ore. Dedico queste righe a voi miei cari lettori perché so che siete degli inguaribili romantici, ma le dedico soprattutto a me stesso perché anche quest’anno per S. Valentino…FABIO NON MI HA PORTATO A GARDALAND NONOSTANTE LE SUE RIPETUTE PROMESSE.

Quindi S. Valentino a puttane anche quest’anno e ovviamente settimana che passa nella noia più totale nell’attesa della partita. Partita di sabato alle 15, quindi venerdì sera da gestire con attenzione, fra orari di rientro a casa e controllo sull’alcool onde evitare spiacevoli stati comatosi la mattina. Avrei dovuto presenziare ad una festa in maschera in un Pub dove giravano voci che il bere fosse gratuito a chi si fosse presentato mascherato. Odio il carnevale ma un sacrificio si può sempre fare. Per i motivi di cui sopra ho optato per disdire tutto. Dato che nn avevo voglia di stare in casa ho raccolto un invito e mi sono fiondato a casa di un amica. I suoi in gita a Firenze e quindi casa libera. Serata piacevole senza complicazioni sentimentali ne tantomeno sessuali. Io ovviamente nn mi sarei tirato indietro però nn era aria. Ci siamo trastullati in chiacchere intervallate da cucchiaiate di panna montata e gelato al croccantino. Qualche giretto su internet, una cifra di siga fumate che abbiamo appestato la casa e parole, parole,parole. Abbiamo fatto notte sul divano a guardarci tutta una serie di sit-com di Will&Grace. Dove praticamente sono tutti gay o lesbiche tranne Karen a cui va bene tutto. Divertente e bello, in più siamo arrivati in fondo alla serata senza litigare.

Finalmente sabato. Partiamo da Colere in leggero ritardo perché Andrew è rimasto a letto e c’è voluta la banda per svegliarlo. Arriviamo al “Sole” che inizia la mia metamorfosi. Oggi sono il responsabile della logistica del pulman. Quindi ci vuole serietà, competenza, tatto, educazione, rispetto, savoir fare, intelligenza, complicità, compromessi e tanta, tanta pazienza. Angelo e Fabio vanno in macchina. Li ho espulsi dal Club per gravi manchevolezze comportamentali. Angelo è stato visto sbadigliare due volte senza mettersi la mano davanti alla bocca. A Fabio gli è piombata addosso la finanza mentre cercava di vendere i suoi doppioni delle figurine panini a dei minorenni a prezzo maggiorato e minacciandoli. Comportamenti inaccettabili. Niente pazziante Marco, niente Cavallona. Sabato di merda. Autista che è un novizio. Sguardo truce, sigaretta penzoloni e maglione di lana da Centro Sociale. Mi viene il dubbio che ci stiamo allertando per andare a Vicenza alla manifestazione. Si dimostrerà poi molto gentile e competente. Appello veloce perché siamo in pochini, e quindi via veloci. Oggi con la storia dei tornelli entreremo tardi. Manca anche Paolino il mio idolo. Ci mancherà soprattutto la sua pragmatica saggezza e il suo “sense of humor”. Sono il responsabile e quindi nn voglio scazzi. Instauro subito una dittatura. Nn si può parlare, si sta rigorosamente seduti e composti, chi vuole può pregare, si può dormire senza russare e già respirare è concesso ma solo per il minimo consentito per sopravvivere. Ci vuole ordine e io sono l’uomo adatto. Viaggiamo tranquilli fino a BG zona rotonda. “Stranamente” Maela è in ritardo. Attendo pazientemente il suo arrivo e poi cazziatone di rito. Dato che nn gliene frega un mazzo nn fa una piega. Mentre sono lì che sbraito ad un centimetro dalla sua faccia mi accorgo che emana una fragranza strana e quantomeno sospetta. Mischiato al profumo di Prada si sente anche profumo di mare e delle creaturine che lo popolano. Nn riesco a capire se è un trucco per tenermi lontano o una specie di pubblicità olfattiva del posto in cui lavora. E’ riuscita in entrambe le cose. Recuperiamo anche Selene, Silvia e il fotomodello che le fa da partner e se Dio vuole anche oggi giungeremo a Milano senza intoppi. Neanche il tempo di pensarlo che siam bloccati in tangenziale per un incidente. Sono le macumbe di Galliani. Sono così stressato che avrei dato un anno di vita per essere a casa nel mio letto. Finalmente arriviamo. Adesso ci aspetta pure la trafila delle reti prefiltraggio e dei tornelli. Pulotti tutti calati nella loro parte di inquisitori. Dobbiamo sorbirci delle perquise da controlli antiterrorismo e al tornello controllo magnetico dell’abbonamento. Perché in realtà i tornelli sono lì solo per fare scena. Entro tornelleggiando e mi viene un pelo di nausea. In fila mi sono perso con gli altri e come al solito mi trovo in giro da solo. Arrivo sui gradoni della Nord e abbraccio Willy come quando si torna a casa e si vede un volto amico. Mi siedo, sono scazzato al massimo e nn ho intenzione di alzarmi fino all’inizio della partita. Ho bisogno di ritrovare un po’ di passione che può essere domestica ma nn addomesticata. Oggi possono accedere all’impianto solo gli abbonati. Anche se verranno tutti trentacinquemila San Siro sembrerà comunque vuoto. E’ un ingiustizia. Questa squadra oggi meritava uno stadio pieno e nn il deserto intervallato da oasi di persone. Bastardi voi e i vostri decreti sulla sicurezza. Perché alla fine tutto il circo Barnum del pallone si regge su quel misterioso fenomeno che chiamiamo tifo. Un esperienza dominata dalla passione irrazionale che si fonda su una serie di valori che nulla hanno a che fare con il mercimonio. Fedeltà ai propri colori, partecipazione emotiva alle sorti della squadra, amore e sofferenza. L’elemento della fedeltà è il più interessante, perché politicamente scorretto: in una società che ha il terrore della formula “per sempre”, il calcio riconduce l’uomo a guardare in faccia uno dei suoi tratti più profondi e inevitabili. Il desiderio di un bene infinito. Quando la propria squadra del cuore diventa l’unica risposta a questa sete di infinito, allora il calcio diventa una malattia. Il tifoso vero, nn l’imbecille che va allo stadio per accoltellare o buttare bombe carta, ha un senso innato della vera ragione per cui il calcio esiste, anche se magari nn sa esprimere questa grande cosa che ha dentro. Nello Governato ha scritto: “Dove un bambino prende a calci qualcosa, è lì che inizia il gioco del calcio. E’ lì che inizia la partita”.

Dopo le formazioni e la coreografia di rito (la miliardesima della stagione) anche Inter-Pastori della Barbagia può avere inizio. Giochiamo per infilare la sedicesima vittoria di fila e la centesima per il Mancio dopo che dal campo si è trasbordato in panca. Partiamo male. Subito un Grosso errore del nostro terzino sinistro. Palla persa e punizione ad un millimetro dall’area per loro. Sto cazzone oggi nn ne azzeccherà una per tutta la partita. Voto cinque meno. E adesso seduto in panca e muto. Dentro yo-yo Maxwell o si sposta dietro il Capitano. Altri cinque minuti e il loro honduregno mulina gambe e semina avversari. La tocca per Al Capone che si impappina e spreca. Occhio raga alla pantera lì davanti. E’ l’unico che può farci male. Poi un paio di interventi chirurgici alle caviglie da parte di Samuel e due sportellate di Ramiro lo quieteranno un poco. Intanto mi chiedo se anche noi oggi riusciremo a combinar qualcosa. Tra lo stadio mezzo vuoto, la Curva che va a colpi, i tifosi del Pecorino Sardo che nn si sentono mai, è tutto ovattato e stiamo prendendo sonno. Qui ci vuole qualcuno che accenda la luce o che spezzi il silenzio con una fragorosa giocata. E noi il mago lo abbiamo. Figo a Vibra spostato fuori area. Alza la testa. Avesse un elmo sembrerebbe Cesare che guarda Roma ai suoi piedi. Esterno felpato, precisissimo. Burdi solo in area dimenticato da tutti. Su in cielo, capocciata e palla nel sacco. GOOOOLLLLL, GOOOOOOLLLLL, GOOOOOOOLLLLLL. Chapeau Burdisso. Facciamo esplodere la gioia anche in Curva ma siamo più castigati del solito. VIBRA CHE UOMO! Le pennellate di chiaroscuro che danno vita e profondità ai colori. Cinque risposte giuste al Trivial Pursuit, gli alberghi su Piazza della Vittoria nel Monopoli, tre pedine mangiate di fila alla dama, la variante di Lùneburg dopo aver sacrificato l’alfiere negli scacchi. VIBRA scapperei a Parigi con te. M’inventerei la maniera per avere una relazione clandestina.

Spingiamo, spingiamo, spingiamo. Figo delizioso come sempre. Paso doble. Difensori raggirati e morbida palombella. Valdanito ci arriva. Alto. Ci provano loro. Ancora fuga di Suazo. Slalom e botta in corsa. Giulio Cesareo attento. Respinta. Il ritmo nn è altissimo ma la partita vive di fiammate di classe. Il Serbo per lo svedese. Piatto dietro per Valdanito che arriva come un Intercity. Collo pieno. Fortin ci mette le mani. Abbattuto ma respinge. Siamo concentrati sulla nostra ma buttiamo un occhio anche al tabellone che continua a ripetere che la Roma è sotto ad Empoli. Siamo a più quattordici. Cominciate a mettere le bottiglie in fresco. Vince anche il Bilan perché ha attaccanti di peso. Nn ricordo come si chiamano. Fine primo tempo. Rilassamento totale e programmi per la serata. Si vocifera di una pizzata in compagnia. Vedremo poi. Si riparte con la contesa. Tutto abbastanza monotono. Controlliamo le loro blande sfuriate senza particolari patemi. La testa è ormai a mercoledì per la champions. L’onta di Villareal serpeggia ancora. Vediamo di cancellarla una volta per tutte. Forza raga, nn potrò essere allo stadio ma vi seguirò per radio gironzolando in macchina con la tensione a mille. La partita continua scialla ma c’è il tempo per vedere una serpentina di Stankovic con un sinistro che frantuma la traversa. A Siena intanto i locali rimontano per poi venire beffati all’ultimo. Ma chi cazzo se ne frega. Siamo primi a più quattordici sulla Roma definitivamente caduta ad Empoli. E ovviamente a più trenta sullo stellare squadrone che ha gli stessi colori dei carabinieri. Nessuno ha il coraggio di dirlo ma vedi cuori palpitanti e menti consce che sta arrivando. Comincio già a tremare e a preparare la motosega per le vendette. SEDICESIMA VITTORIA DI FILA. Nn c’è niente altro da aggiungere. Poi le scuse sono tutte buone. Ci si può attaccare agli infortunati, alle testate, al mal di stomaco, al surriscaldamento della terra, alle strade ghiacciate, al mare forza nove, ai favori arbitrali, al campionato monco, alle penalizzazioni, ad un eritema, all’aumento delle tasse, al protocollo di Kyoto, ai disturbi alimentari, alla guerra in Iraq, alla pirateria dei cd, alla fame in Africa, a una gomma a terra, al G8, al gatto del vicino di casa morto, alla dissenteria, al petrolio che inquina, alle mezze stagioni che nn ci sono più…che due palle. Nn sanno più a cosa aggrapparsi per nn dire che siamo i più forti. Ma aggrappatevi alla mia virilità. Buffoni.

Sciamiamo verso il pulman. Appello per nn dimenticare nessuno e via verso le valli. Raccolgo l’obolo con il Baffo come spalla. Raccatto i nominativi per la pizzata. Certi bidonano, altri nn vogliono mischiarsi con certa gente, altri hanno i loro impegni, altri vogliono andare a bere a stomaco vuoto. Una decina decidono di correre il rischio e faranno presenza. Il cocchiere novizio ci riporta in terra baradella. Veloce saluto a chi se ne va per i fatti suoi e gli altri smacchinata verso la pizzata. Prima aperitivo e quindi andiamo persi ognuno per il proprio bar di riferimento. Ci vorrà poi un incessante giro di telefonate per raggrupparci tutti nella medesima pizzeria. Avrei voluto con tutto il cuore raccontarvi il proseguo della serata. Purtroppo nn mi sono ancora arrivate le liberatorie firmate da chi vi ha partecipato. Forse per la prossima butto giù due righe. Io so solo che sono andato a casa dopo essere stato nominato come il più prolisso ("logorroico" n.d.m.d.c.l.d.). Aggiunto a saccente e presuntuoso mi rende il più “titolato” del pulman. Alla prossima Raga. Fate buona vita e come ha ormai imparato a dire anche Stella (oltre a  “scampa ona olta sula”)…CUMPORTISSA BE!. Saluto e ringrazio come sempre tutti quelli che mi leggeranno. Vado veloce perché devo ancora cucire il costume di carnevale per la sfilata di martedì. Sarò agghindato da Gengis Khan e andrò alla conquista e sottomissione dei paesi della valle. Ciao e nn dimenticate: E’ QUASI FATTA. Vi autorizzo a toccarvi nelle parti che meglio credete.

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