Destami all’alba di un grande giorno perché io possa contemplarti per
l’eternità.
A tutti quelli che, in questi anni si sono sentiti
franare il terreno sotto i piedi, ma con le unghie e con i denti sono rimasti
aggrappati ad un sogno chiamato tricolore.
“No, nn ci posso credere! E’
morto Victor Hugo, all’improvviso”: così iniziava il suo articolo l’ignoto
cronista da giorni accampato davanti alla casa del maestro, gli occhi fissi su
una finestra, in attesa del cenno fatale di un foraggiato complice.
E’ successo
letteralmente di tutto. Ma chi perde la testa per questi colori sa che era
abbastanza nell’ordine delle cose. Torniamo un passo indietro. Chi mi segue
fedelmente avrà notato una sospetta assenza del commento dopo la partita con la
Roma. Nn è stata nè una furbata nè un atto da roditore. Un paio di impegni
improvvisi e la contemporanea ristrettezza dei tempi che subito ci portava a
Siena, ha fatto saltare i miei programmi. Adesso con calma posso ripercorrere
tutta la settimana. I pareggi con Reggina e Palermo avevano di fatto relegato
al big match con la Roma la possibilità della consacrazione definitiva. Molto
più prosaicamente era semplicemente l’occasione per chiudere i conti, avendo
dalla nostra anche la matematica. Perché francamente la partita rivestiva
importanza solo per il blasone dell’avversario e la casuale (visto che si
trattava di un recupero, nn dimentichiamolo) coincidenza di chiudere il
discorso proprio contro l’unica squadra che da distanza siderale ci ha dato
fastidio. La classifica nn consentiva certo calcoli di rimonta, folli suicidi o
rimescolamenti di valori espressi nell’arco del campionato. Partita pomeridiana
per motivi di ordine pubblico e pullman che nel caldo e nel traffico entrambi
infernali lasciava il nido baradello alla volta di Milano. Una “notizia del
giorno” assieme a noi solcava traffici di autostrade e tangenziali, filtrava in
cocktail dai quantitativi mostruosi di Rhum,
vibrava dentro una tensione a palla e chiacchere nn certo culturalmente
di livello. Gli europei 2012 dati per scontati all’Italietta pruriginosa e
piagnona sono finiti in Polacchia e Ucraina. Solo i fessi nn riescono a
capacitarsi di tale catastrofe. Quando mandi a rappresentarti il Dottor
Pancalli (il buono), il Signor Matarrese (il brutto) e Sua
Viscidezza l’onorevole Carraro (il cattivo) poi nn si può pretendere che
arrivino risultati positivi. Aggiungici l’incompetenza della Ministra Meandri e
la stoltezza del “vice-di-qualcuno-a-vita” dottor Abete ed ecco servita la
corte dei miracoli dal blasone ai minimi storici che doveva pomposamente
lasciare l’uggiosa Cardiff per rientrare sul patrio suolo ricca di elogi e di
una conquista che avrebbe portato milioni e consensi. Si sono presentati
sbandierando una vittoria ai mondiali figlia solo del caso e di un compattamento
dei giocatori. Hanno finto di dimenticarsi che alle elezioni Uefa hanno votato
per Johanson e ha vinto Platini. Hanno distolto lo sguardo dal più grande
scandalo mondiale del calcio, da bilanci sfasciati, violenze negli stadi e da
una classe dirigente da era Mesozoica. Lustrini e pailettes nn sono riusciti a
coprire il marcio e il degrado del calcio italiano per anni in mano ad una
potente lobby che ha condizionato partite, risultati, arbitri, designatori,
dirigenti e calciatori. E ovviamente l’hanno preso nel culo. Per la gioia di
tutti gli Ultras Italiani e di chi è ancora convinto che il problema del calcio
risieda nelle cosiddette stanze dei bottoni, visto che ancora troppe facce
legate al vecchio sistema mafioso continuano a gironzolare. A me personalmente
la cosa ha toccato poco. A parte un blando tifo per l’Inghilterra delle
nazionali nn me ne può fregar de meno. Certo che se poi ci sarà la possibilità
di andare a baldracche in Polacchia o Ucraina nn mi tirerò certo indietro. Alla
fine rimane solo l’inadeguatezza delle persone e la consapevolezza di essere
considerati meno di niente. E chi pagherà per questa debacle?. Nessuno come al
solito e al primo tafferuglio fra tifoserie diranno che è meglio così perché nn
abbiamo cultura sportiva, fair play e siamo il male assoluto. Sono pronto a
scommetterci mia sorella.
Torniamo alla partita con la Roma. Come è finita lo
sapete tutti. Primo tempo contratti e approssimativi. Roma più in palla e
meglio disposta in campo. Noi ovviamente più tesi vista la posta in palio e
loro sciolti dalla serenità e consapevolezza di essere solo dei comprimari. Gol
di Perrotta e tutti a prendere un thè caldo sotto di uno per la settima o
l’ottava volta al Meazza. Secondo tempo più furiosi e compatti. Pari di Matrix
su rigore dopo un tuffo del Viados e partita in mano con un furibondo assalto
che per poco nn porta il secondo gol e l’apoteosi generale. Vuoi la sfiga o il
fato nn la buttiamo dentro e la partita che sembra definitivamente avviata al
pareggio viene decisa da una punizione del Pupone deviata dalla barriera.
Apriti o cielo. Via al valzer delle polemiche, in primis gli Interisti di
facciata che si fanno vedere una volta all’anno con le loro anticaglie e i loro
pesanti luoghi comuni. State a casa. State a casa. State a casa. A voi nn vi è
dovuto nulla neanche se avete speso un occhio della testa per il biglietto. Dei
vostri piagnistei e incompetenza nn ne abbiamo bisogno. Fuori le lagne da San
Siro che a causa dei loro mugugni nn ridono più neanche i “Sofficini”. Siete
una palla al piede e i primi a denigrare una squadra che sta scrivendo la
storia dei campionati. Siete risentiti perché nell’unica occasione che vi fate
vedere la squadra nn è riuscita a regalarvi lo scudetto. Volete fare le
primedonne una volta all’anno ma quando si gela o siamo ottavi chi vi vede.
Sbuffate al primo passaggio sbagliato e siete pronti sempre a dire che Bilan e
Gobbi nn avrebbero sbagliato. Andatevene a fare in culo. Nn siete degni di
tenere per i “NOSTRI” colori. L’Inter è di chi dopo il cinque maggio, dopo il
Derby del sei a zero, dopo le eliminazioni di coppa si è sempre regolarmente
presentato al suo posto convinto che sarebbe girata e con lo spirito indomito e
cristallino che la Fede e i colori nn si tradiscono mai. Ci siamo incazzati e
disperati anche noi ma MAI abbiamo fatto un passo indietro rinnegando una
passione per la quale siamo stai sbeffeggiati e compatiti. MAI abbiamo ceduto
di fronte alle provocazioni ed ad una oggettiva inferiorità che come poi si è
visto nn era sul campo ma al telefono. Questa Inter è solo nostra, quello che
per voi è un passatempo che riempie vite di merda per noi è ragione di vita,
sacrificio e impegno, ardimento e battaglia, compattezza e indissolubilità.
Questa Inter merita solo noi. Fuori i corvi dal Meazza. Fuori i corvi
dall’Italia. Fuori i corvi dai coglioni. Naturalmente televisioni e giornali
hanno sguazzato nella nostra sconfitta. La prima in campionato comunque contro
una signora squadra. Niente importa dei record battuti, di un torneo chiuso a
Natale, l’avere fatto più punti in trasferta che in casa, portato a casa due
Derby e una Supercoppa, battuto praticamente tutti con una supremazia tecnica e
fisica dirompenti. No! Le iene se la ridono anche di fronte ad un titolo solo
rimandato. Rispolverano le solite frasi della “solita Inter” che manca sempre
le partite decisive, di immaturità e di società nn all’altezza del suo blasone
dimenticando che qualcuno è in serie B e altri hanno perso partite decisive che
resteranno negli annali di coppa. Questa dei mass-media è un'altra delle lobby
prezzolata e mentitrice che andrebbe rasa al suolo. Bugiardi patentati e servi
degli editori che per apparire nn temono di sputar false sentenze come se
fossero i depositari della verità solo perché appaiono dietro ad uno schermo.
Bastardi che nn hanno nemmeno la dignità di allontanare Moggi dagli studi
televisivi. Come è possibile che siano credibili?. Tutti al muro.
Grazie a Dio
e in quanto impegnato in varie storie ho trascorso i tre giorni che mancavano
alla trasferta di Siena lontano da tutti e da tutto. Nn sono riusciti a
rovinarmi questo campionato neanche cercandomi. Al ritorno sul pullman dopo
mercoledì avevo lanciato un anatema a seguire la squadra a Siena anche a chi
fosse sprovvisto di biglietto. Invadere Piazza del Campo era l’imperativo per
ogni “contrada” nerazzurra di tutta Italia. La nn facile ricerca dei biglietti
ha portato a rispondere Presente solo per un manipolo di Eroi. Il Re, Fabio
Fibra, i valdimagnini Zio Silvio e Matteo, l’indomita Clau la rossa aggregata
all’ultimo per rispettare le quote rosa e dare un tocco di femminilità ad un
poderoso BMW ripieno di fobici rappresentanti del sesso maschile. Levataccia da
incubo e ritrovo alle prime luci dell’alba in perfetta puntualità. Siena è
lontana ed oggi nn si va certo in gita. Il lungo viaggio e l’importanza della
partita esigono menti lucide, cuori caldi e spirito intraprendente. Si decide
per una giornata NO alcool per nn perdere freschezza e stimoli. Scendiamo il
provinciale nella solitudine più beata. L’appuntamento con Silvano e Matteo è
al solito parcheggio del Cristal Palace. Come sempre si presentano
puntualissimi. Prima di partire si svolge una piccola cerimonia di
commemorazione nel ricordo della notte post-trasferta a Torino quando il mio “Saxo”
moribondo aveva minacciato di lasciarci tutti a piedi. Imbocchiamo l’autostrada
e via fino verso Piacenza dove incroceremo i “Pessimi Elementi” con i quali poi
faremo il viaggio insieme. Fabio al volante con la sua solita serenità, io
fungo da navigatore e dietro Clau si dimena sinuosa per conquistare un minimo
spazio fra Silvano e Matteo. Per nn dovere pensare tutto il viaggio solo alla
partita ci perdiamo in chiacchere che forse perché dobbiamo ancora fare
colazione o per una carenza di affetto vanno a finire sempre verso il cibo. Si
parla di polenta e selvaggina arrosto. Scopriamo che i cavernicoli Valdimagnini
nn sono a conoscenza della libido che i “Capù” trasmettono al palato. Siamo
esterrefatti. Ci salva l’autogrill che con i suoi “prezzi modici” ci permette
di rifocillarci e quindi di ragionare con più senno. Arriva anche la stirpe
milanese. Tutto perfetto, che bello sarebbe vivere il giorno dell’apoteosi.
Siamo un amalgama perfetto. Rimpinziamo di olio il macchinone di Giuliano
misteriosamente a secco del prezioso liquido lubrificante e via verso la
pianura padana e poi su fra i colli bolognesi, le amene località fra
Roncobilaccio e Barberino del Mugello e voliamo in mezzo ai valichi degli
appennini fra gallerie, cavalcavia sospesi nel nulla e minacciosi autovelox a
frenare l’impeto di una spaccato di Curva Nord che veloce cavalca verso Siena e
il teatro culmine della battaglia. Salutata Firenze da dove tutto è cominciato
quest’anno, bruciamo anche l’ultimo tratto di strada e la Guelfa o Ghibellina o
Etrusca Siena ci accoglie. E’ la prima volta che ci vado. Sono sorpreso da
fatto che lo stadietto sia incastonato in mezzo alla città fra antiche mura da
difesa e il duomo e la torre che maestosi gettano ombra a Piazza del Campo.
Clau la rossa in pieno stile made in Japan si cimenta in qualche foto alle
meraviglie architettoniche. Evita di coinvolgerci sullo sfondo per nn sporcare
con inquietanti presenze la poesia di questa città ricca di fascino e di
storia. Sono tutti modi molto semplici per distrarsi un po’ e nn pensare alla
partita e alla tensione che piano piano sta montando. Entriamo nel guscio dello
stadio alla ricerca di un po’ di fresco visto che il clima torrido e soffocante
scioglie i pochi neuroni che ci portiamo appresso. Ci idratiamo con un paio di
giri di birre purtroppo analcoliche che riescono solo a spegnere la sete fisica
ma nn quella di vittoria. Il settore ospiti si riempie velocemente. Come da
copione la presenza è massiccia. Ogni volta che mi giro trovo qualcuno da
salutare o con cui scambiare due chiacchere. In trasferta il senso di
appartenenza è più forte e più cameratesco.
Squadra in campo per il
riscaldamento e boato del settore. Lo sanno che in un giorno come questo nn li
avremmo mai lasciati soli. Cori personalizzati per ogni combattente e per i
nostri amati colori. Vogliamo vincere. Dobbiamo vincere, poi se la Dea facesse
il proprio dovere tanto di guadagnato. Un pari o una sconfitta oggi sarebbero
un deleterio preludio ad una settimana di infinite polemiche con tutte le conseguenze
del caso. Burdisso al posto dell’inutile Grosso (per la cronaca fra i tremila
supporters nerazzurri solo l’ingenua Clau aveva la maglia di Fabio) è l’unica
novità rispetto alla formazione preventivata. Caldo terribile e squadra che
dagli spalti sembra un po’ contratta e un pelo timorosa. Ma attacchiamo. La
Curva li sollecita a spingere e a vincere. Il Genio è palesemente a pezzi ma se
prende palla è divertente constatare come tutto il Siena arretri. Ci spingiamo
in avanti più per dovere che per convinzione. FORZA RAGAZZI nessuna paura. Ci
vogliono testa, piedi e cuore. Angolo. Il Serbo butta dentro uno spiovente che
piomba nell’area piccola dove ce ne sono quaranta dei nostri. Volèè di Maicon,
Vergassola si immola e ribatte. Confusione totale fino a quando nn sbuca un
uragano che spazza tutti e la butta dentro come se volesse scardinare la rete.
MAAAAAAATTTTRRRRRIIIIIXXXXXXXX!!!!! GOOOOOOOLLLLLLLLLL.
GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLL. GOL. GOL. GOL. GOL. Siamo in
vantaggio. Adrenalina a mille e pensieri stupendi. A Bg sono ancora sul pari ma
nn importa. Vinciamo noi in primis poi ci metteremo a fare calcoli. Il problema
è che nn abbiamo calcolato che c’è anche il Siena. Angolo pure per loro,
pallone che gironzola in area senza mai cadere fino a che nn capita dalle parti
di Negro che sta passando di lì e nn deve fare altro che spingerla in rete. Uno
a uno e tutto da rifare. Tre minuti abbiamo tenuto botta. Nn mi sembrano bei
segnali. Soprattutto loro, anche perché nn sono ancora salvi, nn mi sembra che
accettino passivamente il ruolo di “sparring partner”. Adesso la partita
agonizza. Entrambe le squadre nn vogliono scoprirsi. Come un fulmine a ciel
sereno arriva la notizia che la Dea si è portata in vantaggio. Boato della
curva e tutti i giocatori a lumare il piccolo ma efficace tabellone dello
stadio. Risponde il Genio sul campo anticipando di testa tutti ma trovandosi di
fronte un Manninger trasformatosi in Spiderman. RADDOPPIO DELLA DEA. Andiamo,
andiamo Raga. Mi guardo in giro e vedo facce incredule e speranzose. Siamo
venuti qui con la speranza più grande da trasformare in certezza e delirio.
Fine primo tempo.
Abbiamo ancora quarantacinque minuti. Basteranno. Devono
bastare. Oggi scaramanticamente sono tornato alla buona e vecchia crostatina.
Con il caldo che c’è nn è proprio la merendina ideale visto che mi impiastro di
cioccolato dappertutto. Ma nn importa. La squadra rientra in campo addirittura
cinque minuti prima sul termine ipotetico della fine del riposo. Mi esalto, lo
colgo come un segno del destino. Si riparte. Ho giusto il tempo di constatare
che nn ci sono stati cambi che Giulio Cesareo deve esibirsi in un paratone dopo
una mischia in area. Nn è certo l’inizio di ripresa dei miei sogni. Mi tremano
le gambe. Rivedo fantasmi di partite buttate al vento ovunque. C’è troppa
tensione. E’ ancora tutta da giocare ma soprattutto da vincere. E poi come
succede nelle storie più epiche un signor nessuno, un emerito nulla si erge
protagonista. Tale Gastaldello ha il pallone fra i piedi, potrebbe farne
qualsiasi cosa tranne quello che gli viene in mente di fare, cioè passarlo al
proprio portiere. Manninger nn se lo aspetta e per giunta il pallone è
lentissimo. Nn il mio ragazzo. Cruz sgomma, anticipa l’estremo difensore che nn
può far altro che stenderlo a cavallo della linea bianca. Dentro. Fuori.
Comunque RIGORE. E solo un uomo può presentarsi sul dischetto. L’uomo delle
Termopili, l’uomo di Nikolajewka, l’uomo del D-Day, la reincarnazione di
Alessandro Magno, l’erede di Tutankamon, la controfigura di Heisenower, il
discepolo di Cristo. Quel Materazzi che forse nn a caso il cielo ha eletto a
simbolo del destino. Sto sudando freddo, pelle di "poia" e tanta, tanta paura.
Sbattiglielo dentro. Nn è una richiesta. E’ una preghiera. E’ un invocazione.
Nn guardo nessuno. Ho lo sguardo fisso sul campo e sulla porta. Parte. Sassata
e rete gonfia. GOOOOOOOLLLLL. GOOOO…Fischio del Gabibbo e tutto da rifare.
Muoio qui è assodato. Seppellitemi con una maglia di Grosso in uno dei colli
senesi. Riparte. Furbesco cambia angolo e la mette. CARTOLINE DA SIENA.
GOOOOOOOLLLLL!!!. GOOOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLL!!!!!.
GGGGGGGGOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLLLL!!!!. Aiuto!!! Help me!!! Ci
siamo. Ci siamo davvero stavolta. Nn sbaglieremo ancora. FORZA CAMPIONI TUTTI
DIETRO ADESSO. E’ ancora lunga. Nn facciamo cazzate, vi prego. Nn lasciatevi
andare, vi scongiuro. Il Siena nn molla, anzi per farci stare ancora più male,
attacca in massa. Noi sbagliamo due o tre contropiede facili. La Roma accorcia.
Entro in apnea. Degli ultimi minuti nn ricordo niente di quello che è successo
in campo. Nn ho mai staccato gli occhi dal tabellone che segnava minuti e il
risultato di Bg. Triplice fischio. Tripudio generale, estasi collettiva. A Bg
nn è ancora finita ma tutti stanno già festeggiando. SIAMO NOI, SIAMO NOI, I
CAMPIONI DELL’ITALIA SIAMO NOI. E’ impossibile descrivervi quello che è
successo. La gioia mischiata con l’incredulità, i tanti sacrifici fatti
finalmente ripagati, finalmente campioni, la squadra impazzita sotto la curva,
la curva impazzita per la squadra. Silvano è accasciato al suolo, Matteo se la
ride con tutti, Clau saltella facendo foto del trionfo. Mi abbraccio con Fabio
col pensiero di quante ne abbiamo passate e finalmente possiamo esplodere di
gioia. Incrocio Stella coi lucciconi agli occhi. Chiodo e Kikko debordano di
entusiasmo. Possiamo dirlo, SIAMO CAMPIONI. Passiamo un ora, ma nn lo so,
questo è un tempo senza tempo, ebbri di felicità, barcolliamo inebetiti dal
trionfo, sono mani, pacche sulle spalle, abbracci, occhi che si cercano. Che
splendono nella luce di Vittoria e di rivalsa. E’ l’apoteosi, l’Apocalisse e la
Fine del mondo. Nn si torna più a casa. Il sogno è tangibile adesso, è materia
che possiamo toccare, odorare, assaporare, stringere, strapazzare. E’ tutto
nostro, vogliamo godercelo fino in fondo. Siamo fra gli ultimi ad uscire.
Insieme a quelli che ci sono sempre, che te li ritrovi a Brunico in ritiro o a
Reggio Calabria dopo una notte di treno. Quelli che nn hanno mai mollato,
quelli per cui l’Inter va seguita anche quando fa schifo, quando ci rubano i
campionati, in Coppa Italia e nelle trasferte fuori dal mondo. Gente che ha
visto vittorie rare come il Gronchi Rosa, ma che oggi è qui ha festeggiare
innamorata come il primo giorno che quei colori gli sono entrati dentro al
cuore e nella mente. Siamo tutti qui, consci di aver partecipato ad un grande
evento, una di quelle cose che vale la pena di raccontare. E di ricordare.
Finalmente siamo CAMPIONI D’ITALIA e lo possiamo urlare al mondo con l’orgoglio
e il petto in fuori come nn accadeva da anni. Come temevamo di nn essere più
capaci. Oggi questa Inter è mostruosamente forte, libera e liberata dai suoi
complessi nn deve più avere paura dei suoi nemici e dei suoi fantasmi.
Finalmente ha vinto la squadra più forte sul campo e nn al telefono. Perché
solo in questo paese da barzelletta i furti degli imbroglioni potevano essere
bizzarramente rovesciati in una condanna a chi era estraneo. A settembre ci
siamo sentiti dire che tanto il Bilan entro natale avrebbe annullato il meno
otto. Ci siamo sentiti dire, dalla checca Del Piero, che l’altra Italia aveva
il dovere di tifare Palermo. E via così in questa Repubblica senza pudore. Ora
che sul campo di Siena un verdetto inappellabile è stato emesso possiamo dire
che l’Inter ha vinto lo scudetto perché è stata la più forte, la più continua,
la più grande. Ha vinto sul campo e nn grazie ad imbrogli e truffe di gente che
aveva il potere di ritardare persino la partenza degli aerei. E dietro a tutto
questo, oltre ai meriti della squadra, dell’allenatore e della dirigenza ci
sono tre anime che dal cielo hanno vigilato sul trionfo. Quella velenosa di
Benito Lorenzi, dell’indimenticabile Peppino Prisco e quella dell’Olmo di
Treviglio, presidente caduto sul campo qualche giorno prima che la cavalcata
avesse inizio. E la classe del presidente e la pungente ironia dell’avvocato di
Via Podgora uniscono idealmente questo scudetto, con un filo invisibile, al
cielo. Dunque è fatta. E come ha scritto Gianni Riotta sulla Rosea: “In bocca
al lupo dunque fratelli Bauscia, ovunque oggi voi siate in bocca al lupo,
CAMPIONI D’ITALIA”.
Saluti di rito. A Fabio per i novecento chilometri al
volante e tutte le trasferte vissute assieme. A Silvano e Matteo sempre
presenti e ormai “vecchi” amici. Clau la rossa per nn lasciarsi addomesticare.
Stella e tutta la combriccola dei “Pessimi Elementi”. A tutti quelli che da
casa o dal bar, ci sono stati vicini con sms e telefonate creando una
turbolenza elettronica che ha ravvivato il viaggio di ritorno, informandoci su
come Clusone e Milano fossero in Piazza a delirare. Chiudo rivolgendo al cielo
un pensiero dolcissimo per l’amico Ricki. Se in un giorno come questo fossi
stato ancora qui sono sicuro che, telefono alla mano, saresti stato il primo a
cercarmi per gioire insieme.
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