“Prendi ciò che ti serve e ciò che è stato e lo passi al setaccio di ciò
che è diventato. Metti ordine. Dai una spolverata di chiacchere. Se sei capace
e onesto e puro, funziona. Qualcosa di ciò che segue è veramente accaduto”.
A tutti i miei amici che viaggiano con il
pullman dell’interclub perché a volte i sogni diventano realtà.
E’ innegabile che stiamo
fluttuando su di una nuvola. Leggera. Fragrante. Soffice. Friabile. Ovattata.
Morbida. Io ho capito che tutto sarebbe andato per il verso giusto una sera a
Brunico. Mi ero imbarcato come al solito al seguito di Fabio per raggiungere
quel posto fuori del mondo che sono le terre Crucche ma potremmo anche dire un
Lender tedesco in territorio Italiano. Presenza fissa al ritiro e sbevazzata
pomeridiana mentre ci gustavamo i nostri eroi impegnati a sputar sangue e
sudore in previsione dell’imminente inizio di stagione. Solita solfa. Cori,
inni, foto, niente autografi vista la ressa ma semplicemente il piacere del
contatto visivo, uditivo e reale. In serata poi, la squadra al gran completo,
avrebbe presenziato al centro sportivo per presentarsi davanti ai propri
tifosi. Ovviamente noi, dopo esserci fatti un miliardo di chilometri
d’autostrada nn potevamo mancare. Il caso ha voluto che
contemporaneamente in centro a Brunico si tenesse una festa della birra.
Abbiamo guardato negli occhi i giocatori. Loro ci hanno capiti, noi sicuri
della loro forza interiore nn ci siamo sentiti colpevoli ad abbandonarli e
siamo fuggiti a gambe levate verso il loco della mescita. Notte da bordello e
rientro a notte fonda verso le tende in cerca dell’agognato riposo e del tepore
dei sacchi a pelo che, sfiga totale, nn ci hanno seguiti ma se ne sono rimasti
nelle nostre case riposti nei solai. Freddo intenso e impossibile dormire, anche
perché Brunico è in sostanza alla latitudine del Polo Nord. Almeno mi sono
risparmiato le russate di Fabio ma la mattina avevo le stesse sensazioni che
può provare un pollo dopo essere rimasto in freezer per qualche ora. Tutto è
cominciato così. A Brunico abbiamo avuto la percezione che questa squadra fosse
terribilmente forte, che i suoi supporters nn avrebbero avuto bisogno di
stimolarla o motivarla ma semplicemente di assisterla ed accompagnarla verso il
trionfo. Come poi è andata lo sapete tutti.
Nn ho voglia di ripercorrere tutta
la cavalcata ma v’invito a chiudere un attimo gli occhi e a pensare ai momenti
più fulgidi e cristallini di questa stagione. Che sicuramente nn saranno gli
stessi per tutti ma le emozioni che hanno trasmesso, quelle, ne sono certo,
saranno simili e stupendamente forti per ognuno di noi. Sto pensando ai due
Derby. Alla prima uscita a Firenze e tutte le trasferte fatte con gli amici di
sempre. Alla vittoria con l’Atalanta e le diciassette partite vinte di seguito,
abbattendo record, piante, montagne e avversari. Fino ovviamente al delirio di
Siena e alla magnifica serata con l’Empoli. Se mi volto indietro, oltre ad
avere seguito con tutta l’anima, le vicissitudini di questo campionato nn ho
nient’altro da ricordare. La cosa è inquietante ma rassicurante allo stesso
tempo. Niente pensieri, niente scazzi. Ho scelto io di vivere così e la cosa mi
sta più che bene. Anche perché poi a ben pensarci di cosa altro ho bisogno?. A
lavorare bisogna andare in qualsiasi caso, fighe, meglio perderle che trovarle
tanto creano solo fastidi. Per il resto i “Pub” li trovi sempre aperti e dentro
gli amici ad aspettarti nn mancano mai. Ne risente un po’ la salute ma se nn
voglio diventare vecchio l’unica è morire giovane. Lasciamo al tempo e allo spazio
questi futili pensieri e torniamo a noi. Divago un attimo tirando in ballo
ancora una volta il Prefetto Serra. Poi vi dico la mia sulla “Gigi d’Alessio
Connection” e la “Notte stellare” del ventidue. Achille Serra è un uomo che va
rispettato. Achille Serra è un uomo che nn transige di fronte alle proprie
convinzioni. Achille Serra è un uomo che ha fatto della “minimizzazione” un
mantra, una religione, uno stile di vita. Achille Serra è uno showman, un
affabulatore. Achille Serra è un prefetto e in quanto tale dotato di un potere
smisurato. Achille Serra è anche un uomo che beve. Achille Serra è un uomo
malato che va aiutato. Achille Serra va allontanato dal suo posto di comando.
Achille, ti parlo come un padre. Devi renderti conto che gli accoltellamenti
sono una delle cose più gravi che possano succedere. Basta minimizzare, basta
concessioni alle curve di Roma, basta televisione. Svegliati.
Dall’accoltellamento alla morte a volte è questione di pochi centimetri. Nn
fingere di nn saperlo. Devi avere i coglioni di condannare questi gesti. Nn
vogliamo più vederti tronfio e borioso che cerchi di difendere l’indifendibile.
Stai svilendo il tuo ruolo di rappresentante delle istituzioni e cosa più grave
dai appigli ai delinquenti. Esci dal coma. Illuminaci. Rendici partecipi
dell’evanescenza che riempie la tua mente. Altrimenti sparati. Mentre scrivo, il
nostro eroe sta lottando contro il proprio imbarazzo in quanto l’Osservatorio
del Viminale ha considerato a rischio l’andata della finale di Coppa Italia. Partita
quindi che si dovrà disputare nel pomeriggio. Ennesimo affronto per l’uomo che
continua a minimizzare i fatti che succedono a Roma. Nn ho più parole.
Defenestrarlo è il minimo. Farlo ricoverare è aiutare la società a liberarsi di
un essere che vive in un altro mondo. Personalmente nn sono quasi mai d’accordo
sulle scelte della tifoseria della Dea. Ma dopo l’affettuoso striscione ad
Achille e la presa di posizione per il concerto del centenario atalantino ho
scoperto di avere piccoli punti in comune. La storia è nota. Rtl 102,5
organizza un concertone con artisti di smisurato (????) calibro per celebrare i
cent’anni della Dea. Artista di punta e designato a chiudere la serata il
nostro Gigi d’Alessio. Parte della tifoseria atalantina attacca violentemente
la suddetta scelta. Nn entro nel merito dei toni e dei contenuti perché ognuno
risponde dei termini che usa in base alla sua educazione e in parte anche in
base alla sua preparazione scolastica. Dico solo che c’azzecca Giggi con il
centenario dell’Atalanta?. Niente. Cosa c’azzeccano i concertoni con le squadre
di calcio?. Nulla. Lasciamo stare la solita menata del razzismo che
ciclicamente si ripete ogni qualvolta si parla dei popoli sotto il Rubicone.
Credo che in un paese civile ognuno abbia il diritto di esprimere il proprio
dissenso soprattutto se si parla di situazioni in cui si è direttamente
coinvolti. Molto semplicemente si faceva prima a sostenere che Giggi nn è un
cantante da utilizzare per dei festeggiamenti. Le sue nenie neo-melodiche vanno
bene ai funerali o come sottofondo a chi ha deciso di suicidarsi. Vi svelo un
arcano sull’uso improprio della musica del nostro. Nella Repubblica Popolare
Cinese nel duemilasei si sono verificate ottomila esecuzioni capitali. La metà
di queste sono avvenute utilizzando l’ormai noto metodo “Natale a casa
Cupiello”. In sintesi si tratta di far ascoltare al poveraccio
ininterrottamente per ventiquattrore di fila le melodie di Giggi. Di solito i
condannati resistono meno della metà del tempo e il più delle volte si tolgono
la vita semplicemente smettendo di respirare. Questo metodo nn sarà più in
vigore da quest’anno. Infatti Amnesty International è intervenuta ritenendo
troppo cruenta l’esecuzione. La verità è una sola. Le squadre di calcio sono
intoccabili. Sono identificazione, rappresentazione, aggregazione e
unificazione. Sciocche contaminazioni ed un uso improprio di esse per far
spettacolo sono svilimento e denigrazione dei colori. Ed è per questo che anche
la “Notte Stellare”, soprattutto nei prezzi, nn è, almeno per me,
condivisibile. A parte che quando sento la definizione di tifoso-vip mi viene
l’orticaria. Definizione che innanzi tutto sarebbe più appropriato trasformare
in: “Vip che è anche un tifoso”. Cosa hanno più di noi starlette, cantanti,
attori, veline?. Zero. Nn li vedi mai e sono i primi che quando le cose vanno
male fanno del sarcasmo per rendersi simpatici e tenersi buona quella parte di
acquirenti che li guarda o compra i loro prodotti anche se sono di squadre
avverse. Anche perché poi il termine vip è diventato talmente abusato che ogni
troglodita che fa una comparsata al Grande Fratello o per una settimana fa la
Meteorina subito è catalogato. Delle volte F.C. Internazionale ha delle cadute
imbarazzanti. Fortunatamente adesso sembra che si siano rinsaviti. Tutta la
festa è stata posticipata all’ultima giornata, quando ci consegneranno la coppa
di Campioni d’Italia. Meglio tardi che mai.
Dopo Siena si ritorna in campo di
domenica sera. L’appello è per tutto il popolo nerazzurro a riempire il Meazza,
per accogliere e osannare i nostri eroi. La nostra gente risponde presente in
massa e il pulman si riempie all’inverosimile. Due le assenze di rilievo.
Paolino impegnato in baita alla ricerca, nel fondo delle bottiglie, di una
nuova pace interiore e possibilmente di una nuova morosa. Clau la rossa “bigia”
in quanto barcamenata fra “Prime comunioni” e pediluvi in quel di Jesolo.
Ritrovo al solito posto e alla solita ora. Sorrisi smaglianti, pacche sulle
spalle ed euforia contagiosa. Siamo Campioni e tutti si godono il trionfo. Ci
pensa l’arrivo del pulman a smorzare entusiasmi e felicitazioni. Appena l’ho
visto arrivare ho pensato ad uno scherzo. Mai visto niente del genere. Un
lamierone vetusto e più vecchio della Rita Levi Montalcini. Ci siamo portati
avanti. Ci hanno appioppato il pulman del “Centenario”, infatti la vita di
questo ferrovecchio si aggira su quella quota. E’ così vecchio che nn ci si
spiega come mai l’hanno fatto da cinquanta posti, in quanto, quando è stato
costruito la terra era abitata solo da Adamo ed Eva. Nn si capisce su che
appigli di locomozione si muova, alla sua nascita la ruota nn era ancora stata
inventata. Dalla marmitta esce un fumo nerastro che lascia intendere che il
mezzo vada avanti ancora a carbone fossile. Sedili sfondati e a pezzi. Macchie
inquietanti per ogni dove. Polvere da silicosi. Poggiatesta del colore
dell’urina. Vetri da cui è impossibile vedere qualcosa vista la patina di unto
che li ricopre. Ruggine e cose vive nn bene identificate si mischiano con i panini
e la birra. Io che ho conseguito, in tempi andati, un Master ad Haward sulle
malattie tropicali ho riscontrato tracce di virus Ebola, Peste Bubbonica e
Lebbra. Nn ho detto nulla per nn spaventare gli utenti ma mi aspetto che i
primi sintomi compaiano già dai prossimi giorni. Tra l’altro quell’ebete di un
autista nn è mai riuscito a climatizzare l’ambiente. Nn so fino a che punto la
colpa fossa sua, vista la tecnologia con cui doveva confrontarsi, ma nn è
possibile che si possa passare dal clima sub-sahariano con quaranta gradi, a
temperature che promettono una nuova era glaciale. Lunedì c’era gente con la
pertosse, alcuni con focolai di broncopolmonite, altri le cui vie respiratorie
sono più chiuse della superstrada della Valle Seriana. Io ho lasciato un memoriale
che in caso di morte prematura nn donerò i miei bronchi ma li lascerò alla
scienza da studiare. Nn vi dico il rombo rumoroso di sto mezzo dopo che si è
messo in movimento. Impossibile parlare anche solo con chi ti era seduto a
fianco. I nostri cori di giubilo si sono persi in un frastuono di pistoni e
bielle che nemmeno in una filatura dei primi inizi di rivoluzione industriale.
Metà utenti si è ritrovata con un otite in corso, l’altra metà ha i timpani
perforati. Nn riuscendo a parlare con nessuno ho rispolverato le nozioni che
avevo appreso quanto ho fatto il corso per imparare il linguaggio dei
sordomuti. Chi ci incrociava in autostrada, oltre a nn credere ai propri occhi,
aveva un deja-vu di essere tornato indietro nel tempo. Vedendoci gesticolare ha
pensato due cose. Stanno cercando di mandare messaggi d’aiuto in codice o se ne
stanno filando a Lourdes alla ricerca di un miracolo. L’unica cosa positiva è
che ho fatto conoscenza con nuovi esseri. Un acaro della polvere di un chilo e
mezzo e una colonia di batteri che mi ha implorato di portarli via da tutto
quel marciume. Fra sobbalzi, marce ingranate alla cazzo, rombi di jet con la
turbina scassata, sinistri scricchiolii, sbandate controllate, eccoci sbucare a
Milano. Il primo “Ghisa” che incontriamo si premura di indicarci la strada per
il museo di Antiquariato o in seconda scelta per il mercatino delle pulci.
Anticaglie come questo pulman hanno ancora un lodevole mercato. Te li porti via
con pochi spiccioli, posto sempre che si riesca a ripartite e si evitino
contravvenzioni per deturpamento del paesaggio. Quando sono sceso ho sentito
due matrone della vecchia borghesia milanese sussurrare al loro maggiordomo: “
Tel chi un alter pulman de Albanes. Adès i va a la Caritas a pians, po i va
nstassiù a romp i ball a la gent perbene”. E’ innegabile, quando scendo mi
sento sporco e tutto appiccicaticcio. E sì che mi ero anche preoccupato, prima
di partire, di effettuare una completa toilette con particolare cura per le
parti intime perché nn si sa mai. Adesso l’unica cosa che ci serve è cercare un
posto dove possiamo cambiare odore. Niente di meglio del Mc’Donald per
completare l’opera. L’odore di unto e di cibo in lenta decomposizione si
mischia alla puzza del pullman creando una nuova linea di profumi che ci siamo
preoccupati di mettere sul mercato con la dicitura D&G. Docce &
Gabinetti parfum, sia per lei sia per lui. I proventi raccolti saranno
utilizzati per pagare la demolizione del pullman. Adesso son partite le querele
con esorbitanti richieste di risarcimento danni, morali e materiali. Il
pazziante Marco sarà costretto a chiudere la ditta di autonoleggi. La Cavalonna
visto che lui nn avrà più il becco di un quattrino lo mollerà e verrà a
cercarmi. Peccato che io sarò già defunto a causa di un virus contratto
domenica sul pullman. Lei dilaniata dal dolore si farà Monaca e Marco vagherà
nel deserto mangiando locuste e cavallette cercando di espiare le sue colpe.
Dopo questo viaggio avremmo riempito già in modo soddisfacente la nostra
giornata. Il caso vuole che ci sia anche una partita da seguire.
Entriamo e ci
accomodiamo ai nostri posti cercando di dare possibilmente meno nell’occhio
rispetto al solito. Lo sfascio e l’aspetto fisico lo richiedono. Lo stadio si
riempie molto velocemente. Oggi c’è il tutto esaurito e all’ingresso della
squadra per il riscaldamento è tutto un tripudio di bandiere, di urla, di cori
e di apprezzamento. Oggi in molto vestono la nostra gloriosa casacca. L’effetto
è strabiliante e commovente. Un intera comunità si identifica in due colori e
nel simbolo che essi rappresentano. La Curva parte alla grande. Stasse senza
assilli e tensioni da risultato si celebra una festa. Tutti cantano, gioiscono
e il tripudio è palpabile sia fra chi è su quegli scalini da anni, sia per chi
oggi entra per la prima volta in questo mondo incantato. Nn c’è spazio per gli
orchi, i lupi cattivi, le streghe e le loro mele avvelenate. Di scarpine perse
o bambini smarriti nella foresta. Stasse è tempo di Principesse e Regine,
Cavalieri e Re. E’ tempo di case di marzapane, di carrozze sfavillanti, di
cacciatori e di cestini con la merenda. Stasse si marcia sull’Empoli di Cagni.
Stratosferico campionato per questi inutili toscani, ancora alla ricerca di
punti importanti per coronare il sogno Uefa. Di sicuro nn li troveranno qui e
soprattutto nn oggi. All’ingresso delle squadre coreografia di ringraziamento
con un gigantesco tricolore a far da sfondo. Stadio in visibilio, e vento che
soffia creato dal garrire di migliaia di bandiere. Sono così incantato dallo
spettacolo e il dondolio delle bandiere mi ipnotizza che mi perdo l’inizio
della partita. Subito viva e vera, con l’Empoli che fa la prima mossa e Giulio
Cesareo subito in volo a respingere una deviazione sotto porta. Si fa sul
serio. Fanno sul serio. Giocano rapidi e veloci. Vannucchi è una spina del
fianco del giovine Andreolli. No problema, se vuole diventare forte, questo
contro il numero dieci empolese è un banco di prova duro, ma che potrà servire.
Nn ci adagiamo sugli allori e sui cori della Curva e rispondiamo. Cruz la mette
ma lo sbandieratore gli nega il gol. Alvaro e Figo giostrano e dimostrano
quanto a volte vedere giocare a pallone chi è capace sia anche una catarsi per
le vicissitudini della vita. Alvaro attraversa tutto il fronte dell’area palla
al piede. Tocco leggero per Cambiasso che appostato fuori dall’area sente la
presenza di Cruz alle sue spalle. Nn interrompe il viaggio del pallone ma devia
il suo corso con un colpo di tacco. Cruz è liberissimo. Guarda negli occhi il
portiere empolese e lo trafigge con un sinistro a mezza altezza. GOOOLLLLLL,
GOOOLLLL, GOOOOOOLLLLL, ANCORA LUI IL MIO RAGAAAAZZZZOOO!!!. Sulle ali
dell’entusiasmo per il gol appena fatto e con un Empoli barcollante la squadra
attacca senza ritegno. Stasse ci saranno dei morti anche se paradossalmente la
partita nn serve a un cazzo. Così vi vogliamo. Assalti all’arma bianca anche
nelle partitelle del giovedì. Dacourt sradica palloni, corre come inseguito da
una muta di cani con la bava alla bocca e fa cose così commoventi che nn le
trovi neanche nelle favole dei fratelli Grimm. Alvaro si impossessa della
sfera. Dribbla tutta la Cristianità e scaglia da un metro un sinistro sul palo.
Curva che crolla a terra ma fa a tempo a vedere il tap-in di Figo respinto dal
portiere. DISINTEGRIAMOLI. Bella partita davvero. Capovolgimenti e un paio di
occasioni nostre intervallate da due paratone di Giulio e via che finisce il
primo tempo. Oggi niente scaramanzia. Dopo i miracoli delle brioscine stasse si
riposa. Anche perché la vegliarda Clau nn si è neanche degnata di passare a
consegnarmela. Vabbè, è la che sguazza nel torbido Adriatico fra mucillaggine e
zanzare grosse come bi-motori. Si riparte. La sete di punti dell’Empoli nn è
spenta da una manifesta inferiorità. Ci credono e complice una mancata chiusura
di Matrix, Saudati trova l’angolo con un preciso rasoterra. Pari e palla al
centro. Lo stadio se ne fotte e imperterrito continua ad inneggiare alla
conquista del triangolino. La squadra ha preso il gol Empolese al pari di uno
sgarbo. Trenta secondi dopo il gol, angolo per noi. Alvaro dalla bandierina.
Parabola che sembra indirizzata fra le mani del portiere. Un po’ ubriaco
l’estremo difensore, un po’ il tiro maligno dell’Uruguagio il pallone si infila
fra le zampe del portiere, tocca la traversa e cade all’interno della porta.
Tutti gli occhi sono per il guardalinee che senza incertezze indica il centro
del campo. GOOOOOLLLLL,
GOOOOOLLLL, GOLLLLLL. Due a uno, Alvaro
dall’angolo. Alleluia. Temo che si possa mettere a nevicare visto l’evento, ma
con il pulman che abbiamo in dotazione è meglio nn augurarsi repentini cambi di
clima. Neanche il tempo di rimanere increduli e fare qualche battuta sul numero
venti che qualcuno con la nostra casacca ripiglia palla. Cambiasso di forza la
lancia al Serbo appostato appena dentro l’area. La stoppa, mira l’angolo e poi
fa partire un chirurgico destro che sbatte sul palo e poi gonfia la rete.
GOOOOOOOOLLLLLL, E ANCORA, GOOOOOLLLLL,GOOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLL. Ecatombe di
corpi, mani, tette, gambe, giugulari, menischi, clavicole. Curva Nord
frastornata e vincente. Faccio appena in tempo a vedere Henry che mi arriva
addosso. Ha gli occhi allucinati da Kamikaze. Rotoliamo per le terre in un
abbraccio in cui c’è tutto questo campionato. Di sogni realizzati, di vittorie
e di rivincite. Di anni di magra e di sfottò. Di rabbia e impotenza. Un
abbraccio di gioia e abnegazione, di fede mai rimossa e di forza. La partita è
virtualmente finita, anche un Empoli brillante nn può rimontarla. Addio toscani
senza un perché. La capolista per l’ennesima serata di fila se ne và. Che
bello, che bello, che bello. Triplice fischio e stadio che esplode. Tutti i
giocatori in mezzo al campo a dividere con chi nn li ha mai lasciati soli la
festa per il trionfo. Bandierone con lo scudetto e il quindici. Figli e mogli
degli eroi sul sacro manto a costituire una ipotetica grande famiglia. Una
grande festa con tutti i parenti, gli amici e conoscenti dentro la casa più
grande e più bella del mondo. Il Meazza. Difficile scrivere di quei momenti, bisogna
esserci. Ho ancora i brividi ripensando a quando Matrix ha deciso di scrivere
una pagina da libro Cuore. In mezzo al campo, microfono in mano e figlioletta
in braccio si è trasformato nel DJ più acclamato dalla folla. Delirio e
commozione fino all’ultimo roboante coro salito in cielo per la via più
diretta: GIACINTOOO FACCHETTI. Usciamo totalmente inebetiti e confusi. Felici,
e sbronzi di vita e alchemiche gioie. Mi perdo con gli altri. Mi ritrovo verso
il rientro sul pulman in compagnia di Giulia. Grande nipote di un grande zio.
Una gnoccolona novizia dello stadio che nn fa altro che ripetere: “Incredibile,
incredibile, incredibile”. Rientriamo tutti sul mezzo e le cose nn sono granchè
cambiate. Anzi la qualità del mezzo è pure peggiorata. A metà viaggio il sedile
su cui sono assiso cede di schianto. Il Re si trova a ruzzolare nella polvere
deriso dai suoi sudditi. Al prossimo giro, coprifuoco e ripristino della pena
capitale. Chi si è fatto beffe del Monarca troverà una cella umida e fredda
pronta ad accoglierlo nelle segrete più buie del castello. E dopo questa
stronzata di stampo medievale, vi saluto a tutti o voi popolo del pullman. Vado
di fretta perché sabato sera sono ad una “Polentata” in valle Imagna e ancora
devo provare il vestito che Armani ha creato per l’occasione. Anche se il
campionato è virtualmente finito continuate a seguirmi, qualcosina da scrivere
la trovo sempre. UN ABBRACCIO A TUTTI e come sempre cumportissa be!.
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