“Spinto da una grande curiosità e intenso desiderio,
volendo vedere le varie e strane forme create dalla natura, camminai per un po’
tra cupe rocce incombenti, e giunsi all’ingresso di una vasta caverna.
All’improvviso, timore e desiderio sorsero in me. Timore dell’oscurità
minacciosa della caverna e desiderio di vedere se vi fosse dentro qualche cosa
di meraviglioso”.
Al “piccolo nipote” dello Zio
Silvano, alla sua prima uscita sui gradoni della Nord.
E venne il tempo della polenta.
Gialla e fumante. Quella Contadina pasticciata di verdure. Grondante di
formaggio e riempitiva al limite dell’impossibile. Casereccia e nutriente.
Sfuggente e indomabile. Fuoco sulla lingua e delizia del palato. Cibo da
montagna, i profumi dell’orto e della civiltà contadina. Fumigante di grano
raccolto sotto il sole e tepore per le lunghe sere invernali. Da mangiare
intorno ad un tavolo di assi sbrecciate, un fiasco di vino e la luce di una
lanterna a rischiarare la penombra. Sapore di baite, di pastori e di malghe
irraggiungibili. La comunione di servirsi dallo stesso piatto e lo stare
stretti intorno al fuoco di un camino mentre fuori imperversa la tormenta.
Unica compagna per lenire la fame di famiglie numerose e povere. Dibattute fra
lo sconcerto e l’ignoranza di nn capire, ma inconsapevolmente coinvolte negli
eventi che hanno attraversato i tempi bui di questo paese. Il duro dopoguerra,
il brigantaggio, la fame, i morti e un avvenire incerto. La lenta ripresa, un
po’ di normalità e via, fino ai giorni nostri dove abbiamo tutto e nn va bene
niente. Unico carburante dei nostri nonni e della loro prole. Benzina che
accende il motore dei muratori, linfa vitale per le infaticabili braccia dei
contadini, tormento ed estasi nel lenire la solitudine dei pastori. Catartico
nutrimento che accende i ricordi e tiene vive le nostre menti. Chi ha visto
“L’albero degli zoccoli” sa di cosa parlo, di come eravamo e soprattutto da
dove veniamo. Onore alla polenta dunque. Noi ovviamente nn siamo ridotti così
male come nei tempi andati, quindi infilate le gambe sotto un tavolo adesso ci
gustiamo il prezioso prodotto dentro ad un ristorante. Si ritorna allora in
Valle Imagna. O meglio, in una piccola valle adiacente forse ancor peggio. Cime
inviolate sullo sfondo. Strade della larghezza di un sentiero intervallate da
“cantieri” posti a sistemare inquietanti smottamenti. Angoscianti picchi sopra
la testa. Paesi scavati in nicchie dentro la montagne. Aggrappati al ciglio di
ripide pareti e sorti sulle ceneri di piccole industrie estrattive. Una strada che
è un tormento di giravolte, bivi nn segnalati, cartelli stradali divelti e
dietro al tornante nn sai mai cosa puoi trovare. Un precipizio, un semaforo
spento, un giardino, una piazza con il monumento, il sagrato di una chiesa, lo
spiazzo di un industria, una giostra degli zingari, un gazebo della Lega, una
coppietta in macchina in atteggiamenti intimi, un ponte nn finito, una lepre
ipnotizzata dai fari, un albero caduto, una sagra paesana. Noi, grazie all’
infaticabile regìa da cartina stradale di Silvano siam finiti dritti dentro al
parcheggio del ristorante. Senza aver smarrito nessuno dell’allegro corteo che
era mosso dall’altipiano Baradello e dai campi di frumento della bassa
bergamasca. Ristorantone più grande del paese e ricco di affascinanti personaggi.
Dalla sagacia del “Maitre” intrattenitore fino allo sconcerto per le cameriere
gemelle. Siamo alla prima uscita ufficiale da Campioni d’Italia. Il “parterre
de Roi” è ricco di affascinati giovanotti e conturbanti fanciulle. Il gusto
della polenta si mischia al sapore del trionfo. Il vino scende in gola e
delizia come le magie di Ibrahimovic. I casoncelli elevano lo spirito e ci fanno
sentire epici eroi come al termine dei Derby. La torta addolcisce e commuove la
mente al ricordo del Presidente Facchetti. Fra una portata e l’altra riviviamo
i momenti più belli ed emozionanti. Ci perdiamo nel ricordo di aneddoti legati
alle partite vissute in Curva e alle gite in trasferta. Bella serata davvero,
conclusa con il bicchiere della staffa in un “Pub” da “Die Hard”, dove tra la
musica da metallo pesante e virgulti di sette sataniche ci siamo lasciati
andare ad un commovente saluto ed un arrivederci alla prossima partita in casa.
E dopo le scorpacciate di polenta, tutti a seguire gli internazionali di tennis
nella capitale. Che teoricamente andrebbero giocati al foro italico. Che è adiacente allo stadio Olimpico, dove in teoria si dovrebbe giocare a calcio una
finale di Coppa Italia. Deve esserci stata un po’ di confusione. Nn c’è altra
spiegazione. Infatti ne becchiamo sei però segnandone due che sono un sicuro
viatico di rimonta. Porca miseria ma come si fa?. Capisco che ultimamente fra
feste, allenamenti saltati, motivazioni in cantina si possa anche perdere, ma
in questo modo e con un simile risultato diventa difficile da accettare. Tutti
in vacanza e sotto di tre dopo un quarto d’ora. Assolutamente inguardabili. Una
difesa ballerina e con la testa infilata in chissà quale pertugio. Un
centrocampo assente per motivi familiari e con la giustificazione dei genitori
taroccata dal compagno di banco. Un attacco che tolto l’immenso Valdanito si
poggia su due decerebrati. Il viados è clinicamente morto ma per nn rovinare la
festa scudetto nn ce lo dicono. Per me lo tengono in freezer per evitare che
si decomponga poi lo tirano fuori anche solo per completare la formazione.
L’uruguagio fa quello che può. Cioè niente da lasciare ai posteri. Ovviamente
un' armata Brancaleone del genere senza neanche un pizzico di “animus pugnandi”
completa l’opera sbracando e perdendo nettamente il primo set per sei a due.
Niente di preoccupante ovviamente. Al ritorno ne facciamo quattro e dopo aver
risistemato la bacheca bisognerà trovare il posto per infilarci la terza coppa
Italia vinta di seguito. Poi tutti a dire che la Roma ha fatto la partita
perfetta. Grazie al cazzo, dall’altra parte nn si è presentato nessuno. Sarebbe
come se io portassi ai massimi livelli erotici Kate Moss dopo che lei è stata
narcotizzata con un cocktail di sostanze dimenticate in giro dal suo bimbo
tossico. Bisogna essere in due per giocare la partita perfetta o per fare la
scopata perfetta. Altrimenti giochiamo a Bridge. Se nn hai un buon partner è
sufficiente avere una buona mano. Tra l’altro è tutto l’anno che questi quando
ci incontrano ci infilano sempre con lo stesso gioco. Il pupone a portar via i
difensori e dentro agli spazi ci infilano i loro centrocampisti. Pensavo che il
condottiero dalla panca certi sotterfugi li avesse capiti. Aggiungici che stì
rosiconi dopo che li avevamo scherzati in Supercoppa avevano il dente, più che
avvelenato, da devitalizzare ed ecco servito il risultato. In più c’è ancora un
ritorno da giocare a Milano, con cinquemila romani minimo a rompere i coglioni,
da disputare in un orario dove tutti lavorano, con un impresa da realizzare al
limite dell’impossibile, caldo feroce e chissà quale voglia da parte dei
nostri. Senza Matrix, Ibra e probabilmente Cruz. Sono fiducioso ma nn fesso.
Temo che dovremo sorbirci il pupone che alza al cielo la coppa e la dedica alla
nuova venuta: Chanel Totti. Nn che mi aspettassi un nome migliore dai due
analfabeti che l’hanno generata, però francamente qui si sta sfiorando
l’abominevole. Almeno avessero scelto un nome italiano. “Profumo di rose”.
“Sapore di cinammonio”. “Edera urticante”. “Dopobarba rinfrescante al pino
mugo”. “Mentadent”. “Esfoliante dalle proprietà nutritive”. “Vichs Vaporub”.
Comunque alzerà la coppa nel nostro stadio, mentre una Milano stanca, annega
fra Happy Hour, quotazioni di borsa, un concerto alla Scala e l’ennesima rissa
fra bande sudamericane. INACCETTABILE. Forza Ragazzi, almeno proviamoci. E poi
se dovesse andare male ci rifaremo nella Supercoppa.
Che quest’anno per
comodità vista la distanza che separa Roma da Milano si giocherà a metà strada
fra le due metropoli. A Yokoama in Giappone. Una città un pelo fuori mano ma se
partiamo domani mattina siamo là per l’inizio. Bisogna però sbrigarsi a
mettersi in viaggio perché si gioca il quattro agosto. Immagino già i
giapponesi che nn stanno più nella pelle per assistere all’evento. I biglietti
sono già andati a ruba e i samurai che son rimasti senza, stanno imbrattando le
strade “Made in Japan” di sangue arterioso dopo aver rispettato la tradizione
con un harakiry di massa. Naturalmente sia Inter che Roma si sono prontamente indignate
per la designazione della cittadina giapponese. Poi i “Mandorla eyes” hanno
aperto il libretto degli assegni e allora si poteva giocare anche su Marte che
andava bene uguale. E meno male che sono saltate per ovvi motivi le altre
candidature: l’Alaska (troppo freddo), il Darfur (troppo caldo), la foresta
Amazzonica (troppo impenetrabile) e le Fiorine di Clusone (troppo brutte).
Sconfortante davvero. Io comunque dovrei presenziare all’evento, anche se nn ne
sono certo visto che il costume tradizionale da “Gheisa” che uso quando faccio
i mestieri di casa comincia a starmi un po’ stretto. E senza quello di sicuro
nn mi presento. Staremo a vedere.
Intanto c’è ancora un campionato da seguire.
Il titolo è già in saccoccia ma ci sono ancora degli interessantissimi record
da battere. Si parte alla mezza di domenica visto che nelle ultime quattro
giornate si gioca in contemporanea alle quindici tutti insieme. (La mia
segretaria sotto la scrivania mi ricorda che però il Bilan anticiperà a sabato
il suo match contro l’Udinese perché il mercoledì successivo è impegnato
nella…nn ho la forza di scriverlo. Ma questa nn se ne può stare un po’ zitta?.
C’è il rischio che la licenzi e la mandi a lavorare per RCS). Pullman semivuoto
ma quelli che interessano a me ci sono, quindi tutto ok. FINALMENTE, dopo aver
speso per loro, lusinghiere parole e proferito minacce, il Pazziante Marco e la
Sublime Cavallona ci onorano della loro presenza. Dietro si sono portati il
loro amore zuccheroso che se ci parli un attimo ti si alza il diabete. Ma
soprattutto si sono portati un pullman decente e finalmente pulito. Riponiamo le
antitetaniche che avevamo preparato e via verso la metropoli condotti da un
Pazziante in vena di battere record, di testare i freni del pulman, di
lanciarlo in ardite manovre su due ruote e di beccare tutte le buche della
strada. Essendo domenica mattina i discorsi nn sono granchè interessanti.
Qualche elemento è ancora mentalmente rinchiuso nella nottata passata fra “Pub”
ed elusione di controlli stradali. Quindi si cazzeggia e la si tira per le
lunghe sperando di arrivare prima possibile a Milano. Purtroppo in questo vuoto
di contenuti e anche a causa di disattenzioni e rilassatezze si sono
prontamente infilate Clau la rossa e Anna. Per il resto del viaggio ci siamo
dovuti sorbire un elogio continuo ancora per Fabio Grosso. Io, ma credo anche
tutti gli altri, nn c’è la si faccia più. Elogi sperticati alla sua avvenenza,
promesse d’amore eterno, foto e poesie, vive congratulazioni per essere un
padre responsabile ed un marito modello, battiti del cuore sotto la maglia
numero undici. Ovviamente nessuna critica al suo modesto rendimento e alla
inconsistente mano data alla conquista del tricolore. Qui bisogna tornare nel
medioevo. Pullman diviso in due scompartimenti. Le Fans di Grosso nel baule e
gli altri un pelo più responsabili sopra dove apriranno un mini bar. Da tutte
queste paturnie ci salva l’arrivo a Milano dopo aver tagliato il traguardo per
primi.
Voliamo dentro lo stadio. Fanza e foto a succhiare soldi dal portafoglio
e via sugli spalti. Meazza mezzo vuoto e tutto che rimbomba. Vorrei sapere dove
sono finiti tutti i corvi che avevano affollato gli spalti con la Roma.
Probabilmente si sono riciclati in finti turisti da lago o si sono infilati a
spintoni nelle code che puntualmente spuntano nei centri commerciali la
domenica pomeriggio. Nn ci siamo persi niente. Oggi dobbiamo anche sdoppiarci
per poter portare a termine la coreografia. Doppio cartoncino per tutti a
colmare i vuoti della Curva e cercare di farla uscire alla meno peggio. Saluti
coi gemellati Laziali e squadre in campo. Neanche il tempo di terminare il
primo coro che inizia un nuovo pomeriggio da incubo. Scivolone di Stankovic,
tiro del loro macedone, deviazione bastarda di Matrix e Lazio sopra di uno dopo
che nn sono passati neanche due minuti. Raddoppio al quarto con il liberissimo
Mutarelli con tutta la difesa al cinema o ancora negli spogliatoi in attesa
dell’appello. Chi ben comincia è gia a metà dell’opera. Questo va bene se sei
un tifoso della Lazio, ma visto che teniamo all’Inter, fingiamo di essere
distaccati, ma un certo giramento di balle è palese. L’aria è quella di
prenderne una mezza dozzina anche oggi per nn far torto a nessuna delle due
squadre romane. Un inizio scoppiettante è proprio quello che mi ci vuole per
uscire dal torpore.
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La prendo così bene che sogno di reincarnarmi nel figlio
del Guglielmo Tell, con la speranza che mio padre, invece di infilzare la mela,
mi cavi gli occhi con i dardi scagliati dalla sua balestra. Maicon e Maxwell
hanno rimosso il concetto di fase difensiva e allegramente concedono spazi e
occasioni ad ogni avversario che gli si para davanti. Solari è la controfigura
de la “Leggenda del Santo Bevitore”. Più che barcollare dietro alle due punte
nn riesce a fare. Lo ringraziamo almeno di nn vomitare in campo. Gli altri
gigioneggiano in attesa che la Lazio arrivi a sei. Recoba ci prova tirando da
piazzale Forlanini ma il pallone si perde sul green del campo di golf di
Appiano. Fortunatamente abbiamo anche in campo chi nn accetta una resa
incondizionata e con l’ultima rabbia in corpo prova a raddrizzarla. Valdanito
dopo una girata di testa in splendida torsione fuori di un niente ne butta
dentro due facendo pari e patta grazie ad un assist prima di Maicon e poi di Viera
in costante crescita. Il pomeriggio comincia a prendere un po’ di colore. La
partita è godibile, le gnocche curvarole sono in abiti discinti e la squadra nn
è andata allo sbaraglio. Tutto bene anche se la Lazio continua a giocare a cento all’ora e ogni volta che
si affacciano dalle nostre parti devi sperare o che vada fuori o che Giulio ci
metta una pezza. Nulla può nemmeno l’estremo sulla parabola di Jimenez e si va
al fresco negli spogliatoi sotto di uno. Da come era iniziata e con la Lazio
maramaldeggiante possiamo anche dirci fortunati.
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Ci sono ancora quarantacinque
minuti. Spero in un po’ di orgoglio da parte dei Raga perché di perdere oggi
proprio nn ne ho voglia. Intervallo senza riti scaramantici visto che Clau fa
la finta tonta e le brioscine portentose sono ancora di là da venire. Secondo
tempo subito con dentro Figo per l’ectoplasma Solari. Lazio ovviamente in
debito d’osssigeno e i nostri senza fare nulla di trascendentale cominciano a
prendere in mano la partita. Guadagnamo campo e soprattutto abbiamo dimostrato
di avere riattaccato la spina e si fa srada la nn più balzana idea di
ribaltarla. Loro calano parecchio ma sono molto attenti, nn ha caso sono la
miglior difesa del campionato. Lo scontro adesso lo si vince con i cambi. Delio
richiama i suoi attaccanti inserendone di più freschi sperando di tenerci
ancora in apprensione. Il Mancio come spesso gli accade trova la mossa facendo
un cambio che hai più sembra una resa.Fuori un mediocre Recoba e dentro una
saetta come Mariano. Nn mi aspetto nessun miglioramento viste anche che le
poche apparizioni di quest’ultimo erano state al limite dello sfottò per
manifesta incapacità. Invece sono subito smentito. Questo giocatore senza ruolo
e senza sugo trova subito corsa e palla al piede. Nn inciampa come al solito
dentro ai suoi evidenti limiti e ogni volta che attacca palla al piede riesce
miracolosamente a creare qualcosa di costruttivo. Coadiuvato dall’altra parte
da un Figo larghissimo buttiamo dentro palloni alti e rasoterra alla ricerca
del tiro o del tap-in vincente che ci consenta almeno di portarla sul pari. La
Lazio è scomparsa e a parte tenaci barricate retrocede a difendere Ballotta e
risultato. Siamo sempre nella loro area e anche senza creare assedi epocali si
ha la sensazione che se commettono un errore arriverà il castigo. Serpentina di
Mariano, palla che attraversa tutta l’area buttata dentro così per caso e
Valdanito che nn vuole fargli fare figure si fa trovare pronto. La raccoglie e
da due passi la butta dentro solo soletto. Proteste dei giocatori laziali per
la dubbia posizione dell’argentino, smentita dalle moviole, e Lazio in dieci
per la cacciata di Siviglia per atteggiamento nn proprio oxfordiano.
Interessante situazione. Nn siamo in gran tensione per i tre punti ma vincerla
è comunque importante. Ci siamo liberati anche dalle paure degli attacchi della
Lazio e con un furente assalto finale la portiamo a casa con Matrix che salta
più in alto di tutti e di tutto. Corre a festeggiare sotto gli spalti con le
braccia alzate urlando “Cinque maggio” e chiudendo una volta per tutte il
cerchio liberandosi di paure e incubi a cui troppo spesso siamo stati
incatenati. Triplice fischio ad accogliere la ventinovesima vittoria. Battuto
il record per i tornei a venti squadre e ovviamente incamerando il
novantatreesimo punto in classifica. Altro record ed altro schiaffo in faccia
ai chiacchieroni tutti. Questa vittoria può alimentare l’idea di ribaltare
l’andata di coppa Italia. Con molta serenità e nonostante un Crespo così sarà
una pia illusione. Difficilmente potremo fare quattro gol alla Roma senza
subirne. Siamo troppo cicale in fase difensiva e obiettivamente troppo a
disagio contro il gioco della Roma. Speriamo almeno di perderla dopo aver dato
tutto e senza avere troppi rimpianti. La nostra stagione rimane, dati alla
mano, straordinariamente felice. Puntelliamo un già forte organico con qualche
acquisto azzeccato e poi vediamo se nn ci divertiamo anche l’anno prossimo.
Saluto tutti quelli che mi vogliono bene e chi, imperterrito, continua a seguirmi
rendendomi felice e importante. Un grazie a tutti i Valdimagnini che ancora una
volta con grande cuore ci hanno accolto nella loro terra. A Fabio e Clau per la
compagnia, a Selene che nn manca mai, ad Anna confortevole segretaria e sagace
linguaccia. A Ste e Fede che dopo la salvezza insperata del West ham si sono
dimenticati di parlare di Premier League. I gioielli di casa Savoldelli, Nicola
e al lontano Cofèn volato nella terra della Perfida Albione per festeggiare il
proprio addio al Celibato fra pinte e bicchierate di Whiskey. Il piccolo Paolino
e il giovane Marco. Nicolò e tutta l’allegra brigata delle nuove leve. Al
Web-master per l’impegno ad arricchire i miei commenti con foto sempre più
divertenti. A tutti i “Pessimi Elementi” che dopo essersi scontrati contro il
muro di ignoranza e di incapacità di comprensione della questura di Milano,
finalmente possono esibire dalla prossima il nuovo striscione con il nuovo nome
del gruppo: “Semm sempre numm”. Alla prossima e ultima puntata di questo campionato.
Poi vediamo se durante l’estate mi rinnovano il contratto di collaborazione con
il Club in modo che possa continuare a scrivere. Da nn perdere l’appuntamento
con la cena fissata per il sedici giugno. Nn deve mancare nessuno almeno
quest’anno che abbiamo qualcosa da festeggiare. Come sempre gli inviti saranno
stilati in base ai meriti. Chi rimane senza invito perché persona nn gradita
può sempre aggregarsi a qualche Bilan Club. Ciao raga e come sempre CUMPORTISSA
BE!
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